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al testo di Amina Narimi
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Ho messo insieme il tuo piede leggero, nel labirinto di mille, e una notte, la bianca e perfetta di reti invisibili, pietre, e gli erbari, sull’isola al centro, che amo, dei piccoli fiori di melo.
È tutta qui nel farsi preghiera, la spinta che diffonde, quando è ora, nel goccio di saliva trattenuto negli occhi, divenuti come frutti, nella coppa, che raccoglie la sua origine il ventre di una madre, come tante, nel corpo di un minuscolo che viaggia coi bambini di Ederlezi sulla schiena il gira gira stupefatto e consonante alla lingua dei bambara con lo schiocco;
< Oh! Ridiamo come stessimo pregando come faccio nel vuoto del mio letto alzando il fango che dorme nella luce fuori dal torace, allo scoperto >
Ed ora vieni, minuzia di una stella, mentre vado a fare i fiori con il dorso carico di latte coi colori nella gola fino al buio, della sera riportando il segno di una lacrima, quando appena visibile cammina, sul buco di dolcezza della yurta da cui riparte il bisso luminoso
lo spiraglio che moltiplica l’amore nel continuo movimento di un miracolo che a comporre la sua voce va alla gioia. |
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